
Sandro Michelini
Caratterizzata da accumulo abnorme di grasso sottocutaneo alterato su fianchi, addome, glutei e gambe, non dipende dalla dieta o da stili di vita scorretti
Si tratta di una malattia a carattere familiare che determina un accumulo anomalo di grasso in specifiche regioni del corpo, in genere gli arti inferiori e superiori, con associati una serie di sintomi. Purtroppo, è una patologia decisamente sottodiagnosticata perché è ancora poco conosciuta. Ne abbiamo parlato con il professor Sandro Michelini, responsabile del servizio di Diagnostica e Riabilitazione vascolare ospedale MS Giuseppe Marino ASL Roma 6, presidente ITALF e massimo esperto di lipedema.
Professor Michelini, quali sono le caratteristiche del lipedema?
Si tratta di un disturbo ereditario cronico che riguarda la distribuzione del tessuto adiposo principalmente sulle cosce, sulle gambe e sui fianchi e, frequentemente, anche sulle braccia con esclusione di mani e piedi. Oramai sappiamo che non è un deposito di grasso causato dall’obesità, ma è il risultato di un aumentato numero di cellule adipose con alterazioni patologiche che non rispondono ai comuni meccanismi di auto-regolazione delle cellule del tessuto adiposo. Non sono ancora note tutte le cause di questo problema, ma l’origine genetica è stata dimostrata e sappiamo che è spesso associata anche a una causa ormonale che colpisce soprattutto nei periodi di cambiamenti come pubertà, gravidanza e menopausa. In letteratura, infatti, il lipedema è descritto come “malattia genetica con ereditarietà autosomica dominante a penetranza incompleta o oligogenica, influenzata dai cambiamenti ormonali femminili”. Altre possibili cause includono un coinvolgimento metabolico o infiammatorio. La malattia è quasi esclusivamente femminile, mentre l’uomo, che può essere portatore, si ammala raramente. Vista la componente genetica della malattia, stiamo agendo a tutti i livelli affinché la patologia venga riconosciuta come malattia rara ed entri nei LEA.
Si presenta solo in persone con problemi di eccesso di peso?
Come ho già accennato, questa malattia non è causata dall’obesità, ma circa la metà delle pazienti con questa condizione è in sovrappeso oppure obesa. Tale aumento però non può essere assimilato a una forma di obesità in quanto non ha a che fare con incongrue abitudini alimentari o di genere di vita, bensì è stata dimostrata la presenza della causa genetica. Infatti, le zone interessate si riducono molto poco se viene adottata una normale dieta ipocalorica, anzi, si accentua la sproporzione tra il tronco e le gambe, con un’esasperazione della forma ginoide. Anche per tale motivo, le pazienti che si sottopongono a chirurgia bariatrica non beneficiano di un dimagrimento sostanziale nelle zone colpite dal lipedema. Anzi, alcune pazienti sono addirittura sottopeso ai limiti dell’anoressia per non aumentare il volume delle zone affette. La conferma di un’origine del problema non legata a un eccesso calorico, viene da uno studio che stiamo conducendo su pazienti selezionate con BMI normale, ma che mostrano un lipedema al secondo stadio agli arti inferiori. In particolare, stiamo valutando l’implicazione di problemi recettoriali attraverso l’analisi della membrana delle cellule adipose.
Come si riconosce dal linfedema?
Al momento non esiste un protocollo standard per la diagnosi di lipedema e la malattia è spesso confusa con il linfedema, l’obesità o la cellulite proprio perché si tratta di una malattia ancora piuttosto sconosciuta. È pertanto fondamentale rivolgersi a un medico molto esperto che formuli la diagnosi corretta basandosi sulla raccolta della storia clinica della paziente e sull’esecuzione dell’esame obiettivo, tra cui per esempio l’osservazione della distribuzione del grasso corporeo su entrambi i lati e indagini strumentali tra cui, per esempio, ecografie, ultrasuoni, risonanza magnetica, linfangiografia e/o linfoscintigrafia.
I principali segni clinici e i sintomi del lipedema (oltre alla familiarità presente in anamnesi) includono:
> accumulo di grasso negli arti inferiori, dai fianchi alle caviglie, con un aspetto “a colonna” delle gambe. In alcuni casi sono interessante anche le braccia;
> pelle morbida e nodulare con affossamenti tipici;
> gonfiori simmetrici agli arti;
>dolore pungente al tatto e alla pressione sia a riposo sia durante il movimento;
> problemi nella deambulazione;
> segno di Stemmer negativo (è possibile sollevare una plica cutanea sul secondo e terzo dito del piede o della mano);
> presenza frequente di teleangectasie sulla parte esterna della coscia;
> suscettibilità a ematomi spontanei o derivanti da traumi di entità minima.
Quali sono i fattori predisponenti?
Il lipedema, come accennato, è bilaterale, ha un andamento evolutivo e, nel tempo, porta a intensa dolorabilità non solo alla pressione e al tatto degli arti inferiori, ma anche a riposo, durante il movimento o, negli stadi avanzati, persino indossando semplicemente degli indumenti attillati. Inoltre, si osserva una perdita di forza nelle gambe con una conseguente progressiva riduzione della mobilità e una ripercussione molto negativa sullo stile e la qualità di vita. Infatti, l’accumulo di grasso con cuscinetti che premono sulle articolazioni può essere talmente importante da impedire la normale deambulazione e produrre un ristagno di liquidi che provoca gonfiore agli arti inferiori. Gonfiore che, va detto, scompare per lo più durante il riposo notturno: al mattino, infatti, le caviglie e le gambe sono in genere più sgonfie, ma la sera tornano a essere gonfie. La presenza del dolore, inoltre, sembra essere determinata anche da una minore concentrazione di un ormone neuroendocrino, il pregnenolone, precursore del progesterone. Se è basso, infatti, il dolore viene avvertito in modo decisamente più elevato dalle pazienti. La presenza di malattie autoimmuni, tra cui le tiroiditi, possono inoltre favorire la comparsa del lipedema: la tiroidite, infatti, non sempre porta a una disfunzione della ghiandola, ma a volte facilita lo sviluppo di situazioni di questo tipo. Anche la resistenza insulinica, il diabete, la sindrome di Ehlers Danlos, che interessa il tessuto connettivo, sono tutti fattori predisponenti, così come gli interventi ginecologici in grado di cambiare il quadro ormonale della paziente.
Come si affronta il lipedema? È curabile?
Non esiste ancora una cura definitiva per il lipedema e i trattamenti servono principalmente a contenere i sintomi, migliorare la qualità della vita, rallentare la progressione della malattia e a prevenire possibili complicanze. In base allo stadio e alla situazione individuale, il trattamento è multidisciplinare e dovrebbe partire dalla presa in carico della paziente da parte di un’équipe specializzata in lipedema composta da medico (fisiatra o altra specialità), fisioterapista, tecnico ortopedico, nutrizionista, chirurgo (plastico e ricostruttivo, bariatrico), psicologo ed endocrinologo che tenga conto che nel corpo della paziente è malato proprio l’organo endocrino più esteso, ossia il tessuto adiposo. A questo gruppo dovrebbe aggiungersi anche l’intervento di ginecologi specializzati nella gestione di questa patologia, considerate le implicazioni di tale malattia che avvengono nelle fasi più significative della vita femminile, tra cui il menarca, la gravidanza, la menopausa, la contraccezione, la chirurgia ginecologica, o la procreazione medicalmente assistita. L’intervento dovrebbe includere:
> Approccio nutrizionale sano ed equilibrato e dieta chetogenica
Siamo tuttora alla ricerca di una soluzione medica risolutiva sia sulla massa di tessuto patologico sia sul dolore che le pazienti provano. Miriamo soprattutto a una terapia conservativa e abbiamo ottenuto buoni risultati con la dieta chetogenica che, in alcuni soggetti, ha prodotto una riduzione importante del tessuto adiposo perché favorisce il consumo del grasso presente negli adipociti. Questa dieta ricca di proteine ha anche, come conseguenza, l’instaurarsi della chetosi con la formazione di corpi chetonici che si accumulano nel sangue quando si utilizza il grasso corporeo per produrre energia. E’importante dunque porre molta attenzione allo stile alimentare condotto dalle pazienti e intervenire anche su quello. Esistono diverse tipologie di diete chetogeniche e ognuna ha finalità specifiche per il tipo di malattia da trattare ma in genere non si possono seguire per più di due mesi per evitare di indurre danni. L’alimentazione corretta, inoltre, è volta a ridurre il più possibile lo stato di infiammazione latente dei tessuti e prevede, appunto, un protocollo antinfiammatorio. La scelta di un programma alimentare orientato a questa finalità, infatti, si pone l’obiettivo di ridurre il carico infiammatorio indotto dalla patologia attraverso un’alimentazione che controlli i picchi insulinemici, con un corretto bilanciamento degli omega-3 e l’utilizzo di sostanze antiinfiammatorie specifiche. In questo caso, la dieta è basata su frutta e verdura colorata e biologica, cereali integrali, cibi ricchi di omega-3. Rispetto all’approccio chetogenico, quello antinfiammatorio prevede tempi più lunghi prima di poter beneficiare di vantaggi quali aumento del senso di energia, riduzione del dolore, maggiore agilità e perdita di peso. Le diete ipocaloriche normali hanno poco effetto sulle zone interessate dalla patologia.
> Trattamento del dolore
Lo combattiamo con antinfiammatori naturali e stiamo testando anche il pregnenolone che potrebbe compensare una carenza individuale per raggiungere una diminuzione significativa del dolore. Si deve valutare e correggere anche la carenza di vitamina D, ‘sequestrata’ dal tessuto adiposo patologico ridondante, in quanto i bassi livelli contribuiscono a determinare astenia muscolare ed enfatizzano il dolore.
Fisioterapia ed esercizio fisico leggero
Sono essenziali perché aiutano ad aumentare la mobilità e mantenere o migliorare il funzionamento delle gambe. Si consigliano esercizi a basso impatto (camminata, bicicletta, nordic walking, yoga, pilates etc.) o attività in acqua. Tra le terapie fisiche sono importanti anche gli ultrasuoni (con frequenze tra 20 e 40 KHz) e le onde d’urto radiali perchè agiscono sulle cellule.
> Terapia compressiva
Il linfodrenaggio manuale e la pressoterapia danno pochi risultati e, soprattutto, sono solo temporanei perché non siamo in presenza di linfedema. Sono invece raccomandati gli indumenti o bendaggi compressivi. Oltre all’intervento dietetico e all’aumento dell’attività fisica, infatti, la terapia conservativa del lipedema prevede l’utilizzo di indumenti elastocompressivi. Questi non agiscono sulla riduzione dei depositi di grasso ma possono essere utili per prevenire la formazione di edemi e stimolare il flusso sanguigno e linfatico. La terapia compressiva con indumenti adeguati ha anche lo scopo di ridurre l’infiammazione del tessuto sottocutaneo, come viene dimostrato in letteratura. Favorisce quindi la riduzione di sintomi quali il dolore e la fragilità capillare, causa di ecchimosi. In genere prima del confezionamento dell’indumento adeguato (calze, bracciali, boleri o altro, secondo la zona interessata) è consigliabile fare dei bendaggi linfologici multicomponente presso fisioterapisti specializzati, al fine di ridurre l’edema, dove presente, e permettere una corretta presa delle misure per l’indumento compressivo, che generalmente sarà su misura e in trama piatta.
> Liposuzione WAL
Sfrutta la forza delicata dell’acqua, utilizzata come getto pulsante per rimuovere delicatamente le cellule adipose dal tessuto connettivo. Serve ad asportare tutta la massa adiposa malata in modo da limitare il rischio che si riformi nuovamente. Inoltre, contribuisce a diminuire la pressione sul letto vascolare linfatico per rallentare o annullare l’insorgenza di ulteriori complicazioni, tra cui il gonfiore degli arti provocato dall’azione meccanica di compressione data dal tessuto adiposo malato. È un trattamento profondo che va eseguito in strutture ospedaliere attrezzate: infatti, queste nuove tecniche prevedono la rimozione anche 15 litri di fluidi quindi in 3-4 sedute si riescono a eliminare anche fino a 60 kg con bassissima recidiva per un lunghissimo periodo. Il vantaggio è evidente, visto che il peso comporta anche delle complicanze importanti, come per esempio dolorabilità del punto interno del ginocchio, che è un segno di lipedema, o l’incremento di lavoro anomalo dei distretti muscolo tendinei da aumento di peso rispetto alla struttura ideale.
> Chirurgia bariatrica
Può trovare indicazione solo nel caso in cui sia presente anche obesità, tenendo conto che il dimagrimento non avverrà nelle zone colpite da lipedema.
> Accurata igiene e cura della pelle
Di frequente si deve procedere all’eventuale asportazione della pelle lassa che rimane elongata dopo la liposuzione oltre certi limiti e che va ridotta chirurgicamente in funzione dell’età della paziente.
> Supporto psicologico
Spesso è presente un disturbo ansioso o depressivo provocato dalla presenza di lipedema. Infatti, la patologia abbassa sensibilmente la qualità della vita, limita il movimento, provoca dolore, deformità degli arti inferiori ed è progressiva. Non di rado le pazienti vengono sottoposte a critiche anche da parte degli stessi medici perché la presenza di adipe viene considerata come un disturbo della sfera alimentare e non come una patologia a sé stante, con un’implicazione negativa nell’area dell’autostima. Inoltre, le deformità sono visibili ed espongono costantemente al giudizio negativo da parte degli altri.
Marcella Valverde