Riconoscere la struttura alterata significa poter scegliere lo strumento migliore per ottenere maggiore efficacia e minori effetti collaterali
«Tra le richieste più frequenti che i pazienti fanno al medico estetico c’è il trattamento delle cosiddette “macchie” – afferma il Fabrizio Presta, specialista in Dermatologia e Venereologia a Verona e Arco (TN) -. Se il paziente chiama “macchia” tutto ciò che non è del colore originale della cute, noi medici, invece, sappiamo che una ipercromia può essere dovuta a diverse alterazioni anatomo-patologiche: per esempio, un’aumentata produzione di melanina, una proliferazione di melanociti, una vasodilatazione, una ipercheratosi. Riconoscere la struttura alterata significa poter scegliere lo strumento migliore a nostra disposizione per poter colpire in maniera selettiva il target e avere quindi maggiore efficacia e minori effetti collaterali. Il nostro lavoro, però, non si può limitare solo a questo: siamo medici e in quanto tali dobbiamo fare sempre una diagnosi della lesione che vogliamo trattare. È importante, infatti, conoscere i rischi, fare le diagnosi differenziali e stabilire quando una lesione maligna può mimare una lesione benigna. Per fare ciò ci avvaliamo della dermoscopia, termine sempre più utilizzato rispetto all’originale dermatoscopia: si tratta di una tecnica diagnostica non certo di facile acquisizione e che necessita di aggiornamenti continui e di una costante pratica giornaliera, attualmente ad appannaggio quasi esclusivo dello specialista dermatologo. A breve, però, sarà a disposizione di molti più medici grazie all’imminente diffusione delle tecnologie con intelligenza artificiale applicata alla dermoscopia: una vera rivoluzione tecnologica nel nostro campo. L’intelligenza artificiale ha già dimostrato una specificità diagnostica superiore al dermoscopista mediamente esperto [1], ma capace anche di aumentare l’accuratezza media dei principianti fino al livello dei più esperti. Ovviamente come ogni nuova tecnologia porta con sé rischi e timori che dovremo imparare a controllare ed evitare».
Dottor Presta, cosa bisogna sapere prima di approcciarsi al trattamento delle ipercromie e, in particolare, delle iperpigmentazioni del volto?
Certamente le più frequenti lesioni che possiamo trovare su un volto fotodanneggiato di fototipo chiaro sono le lentigo solari (LS). Queste non sono delle proliferazioni melanocitarie (solo in alcuni casi vi è un aumentato numero di melanociti), ma principalmente sono caratterizzate da un’iperplasia piana dell’epidermide con un’aumentata produzione e ritenzione del pigmento, con mutazioni di FGFR3 e di PIK3CA. Sono le stesse mutazioni che troviamo anche nelle cheratosi seborroiche (KS), a conferma che rappresentano un’evoluzione a placca delle lentigo solari [2]. Questa differenza di spessore tra lentigo solari e cheratosi seborroiche risulta però fondamentale nella scelta del tipo di trattamento da proporre: se per le lentigo solari dobbiamo utilizzare un trattamento più delicato, per le cheratosi seborroiche dovremo essere più aggressivi. Ogni specialista avrà le proprie tecniche e strumentazioni preferite, ma generalmente, per garantire trattamenti più sicuri ed efficaci, sarebbe bene seguire un protocollo standardizzato con un minor numero di variabili che possano influire sul risultato finale. Ecco perché preferisco utilizzare, per il trattamento delle lentigo solari, il laser Q-Switched: si procede con un unico passaggio con la minima fluenza che possa garantire un lieve e molto fugace effetto “popcorn”, ma tenendo conto che più è pigmentata la lesione e minore dovrà essere la fluenza. Generalmente entro due settimane si ha la completa desquamazione con ottimi risultati già dopo la prima seduta, anche se è sempre meglio proporre due sedute. Quando il risultato dopo un trattamento di laser Q-Switched non è ottimale, la dermoscopia ci può anche spiegare il perché: come riportato nella fotografia, nell’area cerchiata si può notare che già prima del trattamento c’erano segni di cheratosi seborroica (pseudo-cisti cornee, sbocchi simil comedonici), ispessimento che si è mantenuto dopo il trattamento perdendo solo parte del pigmento. Infatti, davanti a una cheratosi seborroica il target ottimale da colpire non è più il pigmento, poiché non è più prevalente nel contesto dell’alterazione epidermica. Per queste lesioni non ci resta altro che l’utilizzo di una tecnologia ablativa come un laser Erb Yag, un laser CO2 o una tecnologia al plasma, che con una sola seduta possono eliminare il problema, ma hanno certamente tempi di guarigione più lunghi. La luce pulsata, emettendo un fascio di luce policromatico, è meno selettiva per il pigmento e può avere risultati inferiori correndo però maggiori rischi in mani inesperte. Può però trovare la sua collocazione nel trattamento di lentigo solari multiple e diffuse, grazie al vantaggio di uno spot di grandi dimensioni: per esempio, può essere una valida soluzione in un approccio full-face in cui si punta a un miglioramento globale, mentre si possono avere minori aspettative sulle lentigo prese singolarmente.
Le lentigo solari vanno in diagnosi differenziale con la cheratosi attinica pigmentata?
La cheratosi attinica (KA) è una lesione altamente frequente nei fototipi più chiari, con una stretta correlazione con l’esposizione cumulativa cronica ai raggi ultravioletti. La KA andrebbe considerata come una variante del carcinoma spinocellulare in situ, anche se viene sconsigliato l’utilizzo di questo termine con i pazienti poiché suggerisce una malignità che in realtà la lesione non ha. Purtroppo, ha comunque un rischio di evoluzione in forme avanzate e quindi necessita di trattamenti che seguano le raccomandazioni delle linee guida nazionali e internazionali. Sono caratterizzate clinicamente e dermoscopicamente da eritema, follicoli dilatati e squame bianche. Quando però queste squame sono pigmentate (cheratosi attinica pigmentata) possono coprire gli altri criteri diagnostici, rendendo più arduo il compito di differenziarle dalle lentigo solari / cheratosi seborroiche e soprattutto dalla lentigo maligna. Le raccomandazioni per il trattamento di queste lesioni variano a seconda del numero di lesioni riscontrate: se il numero è inferiore a 6 vengono preferiti trattamenti di crioterapia, creme chemioterapiche, terapia fotodinamica e trattamenti laser CO2 o Erb Yag, mentre se sono maggiori o uguali a 6 si consiglia il trattamento con creme chemioterapiche o terapia fotodinamica [3].
La lentigo maligna è certamente la lesione pigmentata che più dobbiamo temere?
La lentigo maligna (LM) è un melanoma in situ e, come tale, va asportato completamente con un margine, se possibile, di almeno 5 mm. Purtroppo, la sua diagnosi clinica e dermoscopica è spesso molto complessa, soprattutto nelle forme iniziali: proprio per questo attualmente gli esperti ci consigliano un approccio inverso, ossia arrivare alla diagnosi certa di lentigo solare/cheratosi seborroica/cheratosi attinica o sospettare la lentigo maligna [4]. In caso di dubbi, bisogna eseguire un approfondimento di secondo livello tramite un esame istologico o una microscopia confocale. Purtroppo, dobbiamo sempre tenere in considerazione che anche questi esami hanno i loro limiti nei confronti della diagnosi di una lentigo maligna in forma iniziale e che possono anche dare dei falsi negativi.
Ritiene che un’altra iperpigmentazione molto diffusa sia il melasma?
Un problema che attanaglia noi dermatologi e medici estetici è l’assenza di un protocollo standardizzato ed efficace per il trattamento del melasma. Questo tipo di problema non è facilmente affrontabile con una tecnologia laser, che risulta di seconda scelta. I primi trattamenti da consigliare sarebbero i peeling associati a trattamenti depigmentati domiciliari e un’adeguata fotoprotezione elevata. Ogni anno escono nuovi protocolli e nuove formulazioni di acidi che promettono ottimi risultati, ma ancora non è stata dimostrata la netta superiorità di un trattamento sugli altri, data anche la notevole variabilità interindividuale di questa patologia che può avere diverse influenze genetiche, ormonali ed esterne su cui il medico non ha il controllo, né la possibilità di calcolarne la percentuale di rilevanza.
Conclusioni
Queste patologie possono essere riscontrate anche simultaneamente nello stesso paziente e necessitano di trattamenti completamente differenti: un trattamento inadeguato per una errata diagnosi comporta un rischio importante di recidiva e peggioramento della prognosi. Per aumentare la sensibilità e specificità diagnostica abbiamo bisogno della dermoscopia e, se non siamo degli esperti, anche di un supporto di intelligenza artificiale.
Marcella Valverde
Bibliografia
1. Tschandl P, Codella N, Akay BN, Argenziano G, Braun RP, Cabo H, Gutman D, Halpern A, Helba B, Hofmann-Wellenhof R, Lallas A, Lapins J, Longo C, Malvehy J, Marchetti MA, Marghoob A, Menzies S, Oakley A, Paoli J, Puig S, Rinner C, Rosendahl C, Scope A, Sinz C, Soyer HP, Thomas L, Zalaudek I, Kittler H. Comparison of the accuracy of human readers versus machine-learning algorithms for pigmented skin lesion classification: an open, web-based, international, diagnostic study. Lancet Oncol. 2019 Jul;20(7):938-947
2. Hafner C, Stoehr R, van Oers JM, Zwarthoff EC, Hofstaedter F, Klein C, Landthaler M, Hartmann A, Vogt T. The absence of BRAF, FGFR3, and PIK3CA mutations differentiates lentigo simplex from melanocytic nevus and solar lentigo. J Invest Dermatol. 2009 Nov;129(11):2730-5.
3. Werner RN, Stockfleth E, Connolly SM, Correia O, Erdmann R, Foley P, Gupta AK, Jacobs A, Kerl H, Lim HW, Martin G, Paquet M, Pariser DM, Rosumeck S, Röwert-Huber HJ, Sahota A, Sangueza OP, Shumack S, Sporbeck B, Swanson NA, Torezan L, Nast A; International League of Dermatological Societies; European Dermatology Forum. Evidence- and consensus-based (S3) Guidelines for the Treatment of Actinic Keratosis – International League of Dermatological Societies in cooperation with the European Dermatology Forum – Short version. J Eur Acad Dermatol Venereol. 2015 Nov;29(11):2069-79.
4. Lallas A, Lallas K, Tschandl P, Kittler H, Apalla Z, Longo C, Argenziano G. The dermoscopic inverse approach significantly improves the accuracy of human readers for lentigo maligna diagnosis. J Am Acad Dermatol. 2021 Feb;84(2):381-389.