
Giulia Vittori
La sindrome delle palme rosse è caratterizzata da una colorazione vermiglia costante del palmo delle mani e talvolta anche dei piedi. Si tratta di una affezione poco frequente che può essere primitiva o secondaria ad altra patologia. L’evoluzione della forma primitiva è sempre benigna e non richiede alcuna terapia. Le forme secondarie possono avere una prognosi più grave a causa della malattia sottostante che deve essere sempre ricercata, riconosciuta e adeguatamente trattata. La sindrome delle dita rosse è rara, si manifesta con un eritema persistente dei polpastrelli delle dita delle mani e dei piedi, con localizzazioni acrali non necessariamente coesistenti.
È in genere una sindrome secondaria a malattie infettive quali infezioni da HIV, HCV ed Epatite B cronica. Esistono forme secondarie a connettivopatie e a malattie mieloproliferative quali trombocitemia e policitemia vera. La manifestazione regredisce spontaneamente nel corso di mesi o talora di alcuni anni e non provoca alterazioni trofiche. La terapia consiste nel trattamento della patologia sottostante. Nelle forme mieloproliferative sono descritti buoni risultati con l’acido acetilsalicilico.
Introduzione
La sindrome delle palme rosse e la sindrome delle dita rosse sono due patologie poco frequenti ma molto interessanti per i molteplici aspetti, non del tutto chiari, riguardanti la loro eziologia, la patogenesi e la terapia. Questo quadro acrosindromico è noto da alcuni decenni e a prognosi in genere benigna; talora però può essere secondaria a malattie a prognosi severa, ponendosi in diagnosi differenziale con affezioni anche gravi.
La sindrome delle dita rosse è nota da circa venti anni ed è più rara della precedente. Essa è spesso secondaria a patologie gravi. Le diagnosi differenziali sono varie e talora difficili da chiarire; la patogenesi parimenti è ancora fonte di discussione e di studio.
Sulla base di dette premesse, queste sindromi si presentano particolarmente interessanti. La loro conoscenza è altresì molto utile per un corretto inquadramento clinico nonché per ricercare l’eventuale patologia secondaria che può esserne alla base ed il cui trattamento, come in seguito evidenziato, deve costituire la terapia della sindrome stessa.
Lo scopo di questo lavoro è quello di descrivere gli aspetti clinici delle due malattie, esaminare i dati noti in merito alla loro eziologia, ai profili patogenetici e fisiopatologici nonché affrontare e chiarire il problema delle diagnosi differenziali e delle secondarietà che ne influenzano la prognosi e le differenti opzioni terapeutiche.
Sindrome delle palme rosse
È stata descritta da Lane nel 1929 e pertanto, oltre che con l’appellativo di sindrome delle palme rosse, è anche nota come sindrome di Lane e/o eritema palmo-plantare [1].
Clinicamente si caratterizza per una colorazione rosso vermiglio delle palme delle mani, soprattutto evidente nelle eminenze tenar ed ipotenar. Raramente la colorazione si estende ai polpastrelli [2].
Il dorso delle mani non è mai interessato [3]. La localizzazione alle mani è la più frequente. Molto più raramente può manifestarsi anche alle palme dei piedi. L’interessamento dei piedi può accompagnare l’eritrosi delle mani. La localizzazione ai soli piedi non è descritta [4].
La colorazione non cambia con la posizione sollevata o abbassata degli arti, il paziente non percepisce alcun sintomo soggettivo, la temperatura della cute è normale, non vi è iperidrosi né anidrosi, la manifestazione clinica è persistente, non cambia con la temperatura esterna e non sono descritte alterazioni trofiche nelle zone interessate [5] (figg. 1,2).
Talora è anche definita come “eritema palmare ereditario” perché sono state descritte delle rare forme familiari in cui gli studi genetici hanno dimostrato una trasmissione autosomica dominante [5,6]. Sono però molto più frequenti le forme sporadiche. Queste possono essere primitive o secondarie [3]. Nelle forme primitive, la manifestazione può insorgere alla nascita persistendo immodificata per tutta la vita [7]. Più comunemente insorge in età giovanile o adulta [8]. Le forme secondarie tendono invece ad avere un esordio in un’età più avanzata, eccetto quelle legate alla gravidanza. Si potrebbe ipotizzare che le forme sporadiche siano delle forme familiari con esordio più tardivo ma, nella esperienza degli autori, molto raramente è stata rilevata una familiarità della malattia.
L’affermazione di Durieux-Verde [4], che la sindrome delle palme rosse sia sempre ereditaria e che esistano solo 10 casi descritti in letteratura, è smentita dal numero di pazienti che comunemente giungono alla osservazione del clinico. Merlen, d’altro canto, affermava che la sindrome di Lane è poco frequente ma non rarissima e distingueva le forme primitive da quelle secondarie [4,9]. Alla luce di tale impostazione, può essere proposta questa classificazione nosografica della sindrome delle palme rosse:
1) ereditaria (congenita o tardiva);
2) sporadica primitiva (congenita o tardiva);
3) sporadica secondaria.
La forma ereditaria è probabilmente molto più rara di quella sporadica, ma, sempre secondo gli autori, la prevalenza di questa acrosindrome è sottostimata per il fatto che, essendo asintomatica e benigna, il paziente non si preoccupa e non richiede, quasi mai, l’intervento del medico.
In sintesi, se l’ereditarietà viene considerata criterio diagnostico fondamentale della sindrome di Lane [10,11] si rischia di avere un’immagine epidemiologica sbagliata. Le forme primitive, come detto, risultano generalmente a prognosi molto buona e a evoluzione benigna. Diverso è il caso delle forme secondarie ad altra patologia. In quest’ambito va prioritariamente distinta una forma secondaria, ma fisiologica, che è quella gravidica. Essa è verosimilmente legata al particolare equilibrio ormonale della gravidanza, scomparendo spontaneamente dopo il parto [2]. Altra forma secondaria frequente è quella legata alle epatopatie croniche con o senza cirrosi, anche se, la presenza di cirrosi, la rende più severa. A questo proposito è stato ipotizzato che la manifestazione clinica sia legata alla liberazione di sostanze che stimolano la produzione del VEGF, il quale risulterebbe anche implicato nella formazione delle teleangectasie spesso presenti sulla cute dei soggetti cirrotici. L’alcolismo può essere all’origine della sindrome di Lane a causa delle numerose alterazioni vasomotorie prodotte dall’abuso cronico di alcol. Anche la polineuropatia da Beri può provocare la sindrome delle Palme Rosse [3].
La diagnosi è essenzialmente clinica basandosi sul caratteristico colorito delle mani e, quando interessati, dei piedi. Un ulteriore aiuto può però venire dalla capillaroscopia del bordo ungueale delle dita delle mani. Questo esame evidenzia spesso una distribuzione anomala delle anse capillari che, invece di essere, come di norma, rettilinee e parallele, si presentano disposte trasversalmente, fornendo, insieme all’aumento del loro numero, un’immagine caratteristica e inconfondibile per un esaminatore esperto [2].
È da rimarcare ancora una volta come sia però fondamentale non limitarsi alla semplice esplorazione delle mani e dei piedi, ma occorre, attraverso una anamnesi accurata e un esame clinico generale approfondito, valutare l’eventuale secondarietà che, se ignorata, potrebbe condizionare la prognosi del paziente. La diagnosi differenziale si pone con la dermatomiosite (mani da meccanico) e con altre connettiviti come il LES. Il quadro clinico, le alterazioni capillaroscopiche e gli esami emato-chimici indirizzeranno verso la diagnosi corretta [3]. Anche l’acrodinia può avere caratteristiche per alcuni aspetti simili, ma la presenza in essa di dolore violento la diversifica nettamente [3]. Altre diagnosi differenziali si pongono con l’intossicazione cronica da arsenico e con l’intossicazione da capecitabina, ma entrambe sono caratterizzate da dolore intenso e alterazioni trofiche non presenti nella sindrome di Lane [3,12]. In ambiente pediatrico, una patologia da considerare in diagnosi differenziale è la malattia di Kawasaki, ma l’assoluta mancanza nel bambino dei sintomi di interessamento generale (febbre, etc.) tipici della Kawasaki, escluderà tale patologia [13]. La sindrome MELAS, la sindrome del Trapianto Contro l’Ospite e la sindrome di Sezary possono porsi in diagnosi differenziale, ma anche in questo caso l’assoluta asintomaticità del paziente guiderà verso la corretta diagnosi [14,15,16]. Un aspetto particolare è la possibile associazione con una acrocianosi. In questo caso, la diagnosi è più fine perché le due acrosindromi hanno vari aspetti in comune, ma la presenza di iperidrosi e del segno di Leignel-Lavastine, tipici dell’acrocianosi, permetteranno di definire che si tratta di una associazione tra le due affezioni. Dal punto di vista patogenetico, l’aspetto peculiare evidenziato dalla capillaroscopia ha suggerito la possibilità di trovarsi di fronte a una displasia capillare, che determinerebbe un’aumentata perfusione della cute.
Terapia
Per quanto riguarda la forma primitiva, essendo una manifestazione clinica assolutamente benigna non richiede alcun trattamento ed in questo caso basterà rassicurare il paziente. Nel caso di bambini, occorrerà rassicurare i genitori sulla assoluta benignità della sindrome stessa. Nelle forme secondarie la terapia si identifica con quella della patologia sottostante.
Sindrome delle dita rosse
È stata descritta per la prima volta nel 1996 da Péchere [17] in 9 pazienti con infezione da HIV ed HCV. Si manifesta con una colorazione eritrosica dei polpastrelli delle dita delle mani e/o dei piedi, con frequente associazione di teleangectasie periungueali (fig. 3).
Talora vi è un aumento di volume della zona acrale dei polpastrelli. La manifestazione è indipendente dalla temperatura esterna. Non è accompagnata da sintomi soggettivi, anche se può esservi un senso di “fastidio” alla pressione dei polpastrelli, come per esempio nell’uso di un ago per cucire. Tende a risoluzione spontanea dopo alcune settimane o al massimo alcuni mesi [17,18]. In letteratura, sono attribuiti a questa sindrome tre casi in cui successivamente sono comparse necrosi digitali, ma erano pazienti affetti da trombocitemia e policitemia vera [19]. Si tratta quindi sostanzialmente di una affezione a evoluzione benigna ma che è spesso quadro predittivo di una sottostante malattia a evoluzione prognostica severa. La maggiore parte dei casi descritti è associata ad infezione da HIV o HCV, più raramente a epatite cronica B. Nel caso di epatite cronica C in alcuni pazienti, a differenza di altri, erano presenti crioglobuline [20]. Sono stati descritti casi associati a cirrosi epatica non post-epatitica, a connettiviti o a trattamento con immunosoppressori [21].
Per quanto riguarda la patogenesi è stato supposto lo stimolo alla produzione da parte dell’HIV di sostanze ad effetto angiogenico (proteina TAT, interleuchina 6, oncostatina M), del VEGF o degli estrogeni, con conseguente ipervascolarizzazione. È stato riportato, quando valutato, un aumento del segnale Doppler a livello dei polpastrelli come da iperafflusso locale [20,22].
I reperti istologici hanno dimostrato un aumento e dilatazione dei capillari e delle venule post-capillari del derma superficiale ed espressione di VEGF a livello endoteliale. In un caso, è stata descritta una vasculite leucocitoclastica e, in un altro, depositi di complemento e immunoglobuline sulla parete dei microvasi [19]. Si potrebbe ipotizzare l’attivazione immunitaria a livello dei microvasi innescata dagli agenti virali associati alla sindrome [23,24]. Nei casi secondari a patologie mieloproliferative è stata ipotizzata una azione vasodilatatrice attivata dall’interazione tra le piastrine e l’endotelio [18]. La diagnosi differenziale va posta con le reazioni da contatto irritative o allergiche, con la dermatomiosite, soprattutto anti-ARS positiva, la sindrome bocca mani piedi, la perniosi acuta, il LES, la reazione del trapianto contro ospite, l’eritema acrale da farmaci e l’eritema necrolitico migrante.
Terapia
Solitamente l’evoluzione di questo quadro va nella direzione di una risoluzione spontanea. Nei casi secondari a sindromi mieloproliferative è stata usata con successo l’acido acetilsalicilico. In tutte le forme secondarie deve essere ovviamente trattata la patologia all’origine.
Ruolo del laboratorio di patologia clinica
Sebbene la diagnosi sia eminentemente clinica il laboratorio risulta utile nei quadri sospetti secondari e nel percorso di esclusione di quadri nosografici che possono essere alla base delle manifestazioni acrosindromiche. Nel paziente con sindrome di Lane, oltre ai classici esami di routine (emocromo, sedimetria, protidemia ed elettroforesi), il laboratorio è utile per lo studio dell’assetto epatico, di quello necessario a escludere eventuali connettivopatie, allo studio dei virus delle epatiti. Nel paziente con sindrome delle dita rosse oltre ai citati esami per escludere connettivopatie e ricerche virali per epatite B e C, anche HIV e studio dell’autoimmunità (ANA, ENA, complemento).
Conclusioni
Entrambi i descritti quadri acrosindromici sono affezioni poco frequenti e a prognosi favorevole, ma richiedono una attenzione clinica che ne consenta una tempestiva diagnosi perché possono essere secondarie a patologie talora prognosticamente severe. Devono pertanto essere conosciute e prontamente riconosciute per evitare sottovalutazioni diagnostiche dannose per il paziente.
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Autori:
G. Vittori, Medico Chirurgo – Master Univ. II Liv. in Angiologia – Studio Angiologico Galeno – Colleferro
P.E. Mollo, Specialista in Angiologia Medica – INI Div. Città Bianca Veroli (FR) – Clinica Villa Gioia Sora (FR)
F. Pomella, Specialista in Angiologia Medica – Servizi Ambulatoriali Territ. Branca Angiologia ASL Frosinone
G. Guarnera, Specialista in Chirurgia Vascolare – Aurelia Hospital – Roma – già Presidente Ass. It. Ulc. Cut. AIUC
S. Bilancini, Angiologi Medici Studio Angiologico J F Merlen Frosinone
M. Lucchi, Angiologi Medici Studio Angiologico J F Merlen Frosinone
G. Lucchi, Angiologi Medici Studio Angiologico J F Merlen Frosinone
S. Tucci, Angiologi Medici Studio Angiologico J F Merlen Frosinone
L. Guarnera, Università La Sapienza Roma
S. Acchione, Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico, Presidio Ospedaliero Colleferro (Roma)