
Renato Zaccheddu
Sono in aumento le richieste di trattamenti estetici da parte di minorenni. In questi casi occorre saper valutare la consapevolezza del paziente e se esiste un disagio tale da giustificare il trattamento, coinvolgendo sempre anche entrambi i genitori
Un paio di anni fa, un’indagine promossa dalla Società italiana di medicina estetica (Sime) attestava il forte aumento di giovani e giovanissimi che si rivolgono a medici e chirurghi estetici per quel “ritocchino” che sperano possa renderli più vicini a un’immagine ritenuta più gradevole e desiderabile. Gioca a volte l’imitazione dei genitori e, quasi sempre, l’insicurezza aumentata da una pressione sociale che propone continuamente modelli di bellezza standardizzati e spesso irraggiungibili. Il 78% delle ragazze e il 54% dei ragazzi si sono dichiarati insoddisfatti del proprio aspetto fisico e tre su quattro hanno un canone estetico riferito a un personaggio del mondo dello spettacolo a cui vorrebbero assomigliare.
Più che un’opportunità di lavoro, per i professionisti della medicina estetica si tratta di una questione da affrontare con estrema sensibilità e con l’adozione di un approccio multidisciplinare, così da verificare, anche con la collaborazione di esperti di salute mentale, l’opportunità complessiva di un intervento, mantenendo come obiettivo costante la salute psicofisica dei giovani pazienti.
Tabloid di Medicina Estetica ha approfondito la questione con Renato Zaccheddu, chirurgo estetico che opera a Milano, dopo essersi specializzato in chirurgia plastica a Rio de Janeiro, con il professor Pitanguy, e aver lavorato a lungo in Inghilterra.
Dottor Zaccheddu, quali sono i trattamenti più richiesti dai pazienti di minore età?
I minori ci chiedono principalmente trattamenti di medicina estetica, in particolare riempimenti di volumi di parti che sono carenti: tipicamente, per le ragazze, si tratta delle labbra e, per entrambi i sessi, del rinofiller, ossia la modifica della forma del naso grazie all’aggiunta di riempitivi posizionati in modo strategico in alcuni punti. È una modalità di trattamento che migliora l’estetica con un’invasività minima rispetto alla chirurgia e può trovare indicazione, in determinate circostanze, anche in un minore, dato che si tratta di interventi totalmente reversibili.
La chirurgia vera e propria invece è effettuata molto più raramente. L’unico intervento accettato in modo unanime, da sempre, è l’otoplastica, ossia la correzione delle orecchie a ventola; questo intervento segue regole proprie e può essere effettuato anche a età molto inferiori. Ma, a parte questa eccezione, gli ordini dei medici consigliano di posticiparli al raggiungimento della maggiore età, non solo per una questione medico-legale, ma per la semplice ragione clinica che è necessario aspettare una completa formazione e sviluppo del corpo e dell’area anatomica su cui si vuole intervenire. Questo vale in particolare per i due interventi che, oltre alla liposuzione, sono i più richiesti dai giovani: la rinoplastica e l’aumento del seno.
I trattamenti estetici effettuati su pazienti di minore età costituiscono un fenomeno in crescita?
Per quanto concerne la medicina estetica, la risposta è decisamente affermativa. C’è senz’altro un forte aumento rispetto anche a solo una decina di anni fa. Di solito si parla dell’ultima parte della minore età, intorno ai 16-17 anni, molto raramente prima dei 15. Anche le richieste di chirurgia estetica in quest’ultima fascia sono in crescita, ma in misura minore.
Quali sono a suo parere le cause di questo fenomeno?
Il maggior numero di richieste è dovuto certamente all’importanza estrema che si sta attribuendo all’immagine, veicolata attraverso cellulari e social media, e che rende consapevoli gli adolescenti di difetti fisici a cui prima si prestava meno attenzione e che invece oggi vengono spesso vissuti con grande disagio. Sicuramente i cambiamenti che stanno avvenendo nella società e che assegnano un valore sempre maggiore all’apparire hanno un impatto molto forte sui giovani, che da sempre sentono il bisogno di adeguarsi a canoni estetici di gruppo e prendono come riferimento personaggi televisivi, attori, sportivi e influencer. Ma c’è anche una maggiore consapevolezza del fatto che oggi l’aspetto fisico è effettivamente modificabile e che esistono trattamenti non invasivi in grado di produrre miglioramenti estetici notevoli.
Che problemi etici aggiuntivi si pongono al medico e al chirurgo nel trattare questa fascia di pazienti?
Paradossalmente, per quanto riguarda la chirurgia è molto più semplice: nella grande maggioranza dei casi si arriva infatti a rifiutare le richieste e chiedere un rinvio di qualche anno, dato che, come si diceva, esistono precise ragioni cliniche che impongono di apportare i cambiamenti a “bocce ferme”, vale a dire quando il completo sviluppo sia avvenuto, e per questa ragione si identificano i 18-19 anni come età minima in cui si possono produrre anche modifiche permanenti, non reversibili.
Il concetto della reversibilità è molto importante, in particolare in questo gruppo di pazienti e, a fronte di richieste di chirurgia, lo specialista, se ritiene la situazione idonea, può accennare alle possibilità offerte invece dalla medicina estetica, aprendo una discussione con i giovani pazienti e i loro genitori.
Se infatti di si trova di fronte a un difetto che sta affliggendo molto l’adolescente, compromettendone una serena vita sociale, la medicina estetica potrebbe offrire un aiuto, nella consapevolezza di poter tornare al punto di partenza qualora il risultato fosse diverso dalle aspettative oppure l’adolescente non accettasse il cambiamento che pure desiderava. L’accettazione del cambiamento fisico è un aspetto di grande importanza e peso, poiché nell’età adolescenziale si potrebbe essere meno “equipaggiati” psicologicamente.
Con questi pazienti, come avviene il colloquio che precede il trattamento?
Il colloquio avviene con il paziente e i genitori e ha l’obiettivo di chiarire le motivazioni che hanno portato alla decisione di chiedere quel trattamento. Si cerca di valutare se esiste davvero un disagio tale da giustificare l’intervento del medico di medicina estetica, in caso contrario si consiglia di aspettare qualche anno. Si mostrano poi quali risultati si possono ottenere, anche per evitare aspettative non realistiche. Entrambi i genitori devono essere presenti e dare il loro consenso. A volte il medico deve gestire conflitti: una situazione che si presenta con una certa frequenza è quella di un consulto richiesto dal giovane paziente, ma con genitori restii.
Oltre alla necessità di consenso da parte dei genitori, il quadro normativo prevede ulteriori adempimenti?
Ho lavorato molto in Gran Bretagna, dove ci sono limitazioni più chiare e definite: prima che il paziente compia il diciottesimo anno d’età non si ricorre alla chirurgia, se non in casi veramente eccezionali, la cui necessità debba essere certificata anche dallo psichiatra o dallo psicologo. Si parla di deformità molto ovvie e vistose, che siano causa indiscutibile di disagio sociale o di alterazioni importanti del comportamento. Anche i trattamenti propriamente medici tendono a essere posticipati alla maggiore età.
In Italia la situazione è forse un po’ meno chiara. La mia impressione è che ci sia un po’ meno rigore. Mi capita di imbattermi con maggior frequenza in casi di chirurgia estetica eseguita su minori, benché si stia parlando sempre di numeri estremamente bassi.
Agli specialisti di medicina e chirurgia estetica non sono richieste competenze particolari o una preparazione aggiuntiva rispetto a quelle necessarie per trattare persone adulte, anche se la maggior parte, nel dubbio, si attiene alla massima cautela. È comunque auspicabile, all’occorrenza, un approccio multidisciplinare che coinvolga psichiatri o psicologi.
Renato Torlaschi